
Cosa unisce un mito mondiale dello sport a un ginnasta romano degli anni ottanta?
di Luca Fidanza
Roma, 15 giugno 1983, Finale Nazionale di ginnastica artistica.
La rotazione agli anelli comincia di solito con un raccoglimento, quasi allucinato, che sa di ultima sfida. L’anello è per me e per miei avversari un attrezzo alla stregua di una montagna
inespugnabile, il mio personalissimo ‘anello debole’ tra i sei attrezzi della disciplina.
Lassù in alto, tra noi e il cielo, due pezzi di legno sospesi e paralleli, immobili. Sono perfettamente circolari e sembrano un avvertimento del tipo: ‘Non mi devi toccare’. Una sfida che non si può vincere. Ho la presunzione di credere che ogni ginnasta la affronti allo stesso modo. Il pensiero mi consola. Quei due anelli piantati nell’aria sono d’altronde l’unico attrezzo che una volta afferrato fluttua come un cavallo imbizzarrito. Resta in movimento dall’inizio della prova ed è di conseguenza lo strumento che richiede più forza ed equilibrio di tutti gli altri. Per mantenere il corpo intero in equilibrio tra volo e tenuta si paga un prezzo di ferite e noie muscolari difficili da dimenticare. Ricordo ancora una frase del mio allenatore alla squadra la settimana prima della gara: ‘Ragazzi, lo sappiamo: l’osso duro sono gli anelli’ E già. Lo sarà sempre, in ogni gara. Governare il legno. Il muscolo. La paura di sbagliare. L’impugnatura. Non puoi mai smettere di pensare a tutte queste cose.

L’esercizio agli anelli è un volo articolato della durata di un minuto, secondo più, secondo meno, durante il quale, al contrario, non si pensa più; a dominare sono l’istinto, l’adrenalina e la memoria automatica delle combinazioni provate ogni giorno, in quel microcosmo fisico in cui ci si giocano ore, giorni e mesi d’allenamento, per cui basta una minuscola distrazione o un applauso troppo scrosciante del pubblico ad annullare un sacrificio fatto di tempo, fatica, rinunce e passione.
"La ginnastica artistica è per noi una passione ancora libera. Il corpo è libero, la mente sogna. E’ il quadriennio che va dai Giochi di Mosca del 1980 a quelli di Los Angeles del 1984".
Le Olimpiadi rappresentano il sogno di tutti gli adolescenti impegnati nel sano agonismo delle competizioni nazionali. La ginnastica artistica è una delle discipline più antiche. Lo spirito sportivo di questa disciplina resiste ancora, o più delle altre, alle tentazioni degli sponsor negli anni in cui il mercato intravede nelle Olimpiadi un’occasione di guadagno incommensurabile. Il dilettantismo è destinato a trasformarsi in professione, anche se personalmente, e anche tra i miei amici e compagni di squadra, di tutto questo non si avverte alcunché. La ginnastica artistica è per noi una passione ancora libera. Il corpo è libero, la mente sogna. E’ il quadriennio che va dai Giochi di Mosca del 1980 a quelli di Los Angeles del 1984. Sono i tempi in cui la TV e le voci di palestra pullulano di eroi come Sara Simeoni, Pietro Mennea, Carl Lewis, Nadia Comaneci…e i ginnasti giapponesi…Tsukahara, Nakayama, Kasamatsu: i tre moschettieri della ginnastica giapponese rimbalzano tra le conversazioni di noi sognatori, indisciplinati ginnasti in erba. Ai loro nomi sono abbinati diversi movimenti agli attrezzi.

Ma l’astro nascente dei primi anni '80 è però un sovietico, Dmitri Bilozertchev, una miscela esplosiva di potenza e tecnica, un nuovo approccio agli attrezzi. Bilozertchev, più o
meno nostro coetaneo, a sedici anni diventa il più giovane campione mondiale che questo sport abbia mai visto. E’ per questo che a quei tempi, nella nostra fantasia adolescenziale la ginnastica significhi sostanzialmente Giappone e Unione Sovietica. Del gigante cinese non si parla. Mentre è chiaro a tutti che la ginnastica prosperi a Est, la Repubblica Popolare Cinese sembra l’unica a dormire. Non ha mai partecipato alle Olimpiadi estive. Ragioni politiche, controversie e insopportabili diplomazie hanno impedito ai cinesi di mostrarsi al grande pubblico.
1983/84 – Il Biennio Rosso
Nel 1983, ai Campionati Mondiali di Budapest, un anno prima delle Olimpiadi di Los Angeles del 1984, Dmitry Bilozertchev è la star da cui tutti noi attendiamo l’Illuminazione e la sfrontatezza adolescenziale. Ma negli anni '80 la ginnastica non gode della luce di altri sport, (Juri Chechi non è ancora il Signore degli Anelli) e la copertura televisiva è minima. Possiamo accontentarci di alcuni highlights della TV pubblica, certo, ma preferiamo affidarci a una piccola inestimabile fortuna: la conoscenza diretta dei giudici di gara della nostra federazione presenti alla rassegna ungherese: attendiamo il loro ritorno.
"Il piccolo Li Ning è un concentrato di forza e tecnica racchiuse in un metro e sessantaquattro d’altezza".
E’ allora che sento per la prima volta il nome di Li Ning (李宁, LǐNíng).
Dei cinesi si sapeva poco o nulla. Ricordavamo confusamente Tong Fei (童非, Tóngfēi), ammirato a Roma durante il Gran Prix della Ginnastica nel 1982 in un elegante prova al corpo libero, ma un giorno uno di quei giudici italiani nomina un tale Li Ning e ci racconta della sua forza. Noi eravamo lì tutti pronti a udire le eroiche gesta del terribile sovietico, e invece questo giudice attacca a parlare del cinese.

Il piccolo Li Ning, ci racconta il giudice, è un concentrato di forza e tecnica racchiuse in un metro e sessantaquattro d’altezza, cinquantotto chili leggeri per uno scricciolo sconosciuto, che quando poi ho visto per la prima volta in fotografia mentre ‘infila gli anelli’ non ho più dimenticato: decine di diramazioni muscolari, una corda tesa pronta a dominare strutture in corda, ferro e legno. Lo sguardo sereno. Li Ning. Nato a Liuzhou (柳州, Liǔzhōu), nella regione del Guangxi, nel marzo del 1963.
Ebbene, a quei Mondiali di Budapest la Repubblica Popolare Cinese si divide il podio con l’Unione Sovietica, che ai nostri occhi di ribelli entusiasti e coraggiosi rappresenta ancora un’icona da sventolare alle nostre amicizie e parentele troppo moderate. Il nostro ‘sport’ preferito è criticare gli USA, che intanto, nell’ombra, evolvono e accelerano sulle tecniche di movimento articolare e attrezzistico del nostro sport (specialmente grazie alla loro squadra femminile), e parallelamente dominano su quello più prosaico, ai nostri occhi, degli investimenti economici. La Rivoluzione Sportiva dell’Est è la guida, e le Olimpiadi americane sono ormai alle porte.
Ma la Storia irrompe.
Nel 1979 L’Urss invade l’Afghanistan. Ne deriva un boicottaggio americano alle Olimpiadi moscovite dell’80 ripagato quattro anni dopo da quello sovietico, altrettanto indegno, a quelle di Los Angeles del 1984.
E’ comunque qui che la storia cambia. Servono nuovi eroi.
Bilozerchev paga una volta per tutte la cecità del proprio paese e della propria Federazione.
Avrebbe dominato la rassegna, ma è addirittura destinato a un futuro prossimo sfortunato, segnato da un terribile incidente d’auto che rallenterà la sua ascesa. La Cina, nel frattempo, attraverso sentieri diplomatici ignoti ai più o agli ingenui, non aderisce al boicottaggio del suo gemello comunista, e per la prima volta nella sua storia annuncia la partecipazione alle Olimpiadi estive, proprio da quelle parti: negli Stati Uniti, nella tana del ‘nemico’, nella ‘sfavillante’ America reaganiana.
L’assenza dei sovietici favorisce ovviamente tutte le altre nazioni. Nella ginnastica l’URSS avrebbe probabilmente conquistato la vittoria generale e, da favorita, si sarebbe contesa il podio più alto con USA, Giappone e Cina anche nei concorsi individuali. Alla Cina non può e non deve interessare. Tantomeno a Li Ning. Il podio dice medaglia d’argento per i cinesi nel concorso a squadre, dietro ai padroni di casa. Un solo punto divide le due potenze. Il Giappone invece è terzo, distante ben cinque punti dai rivali storici.
"Al ritorno in patria, Li Ning viene accolto come un eroe: ‘il Principe della Ginnastica’ si presenta così a me, e al mondo intero."
Nelle gare, stupende e molto equilibrate, Li Ning ribatte colpo su colpo a tutti, anche ai suoi
connazionali, presentando variazioni ai movimenti che pochi, fino ad allora, conoscevano.
Infila così tre ori al corpo libero, al cavallo con maniglie e agli anelli (a pari merito col
giapponese Gushiken). Proprio agli anelli. Vola. E’ il centro del trionfo cinese. Il leader. Un trionfo sportivo, in tutte le sue declinazioni, non necessariamente definito da classifiche. Al ritorno in patria, Li Ning viene accolto come un eroe: ‘il Principe della Ginnastica’ si presenta così a me, e al mondo intero.
Li Ning ha uno stile essenziale, si direbbe funzionale al completamento della fatica, breve e intensa, degli esercizi ai sei attrezzi. E’ un freddo. Non ha la prorompenza di Bilozerchev, (e neanche la pulizia ipnotizzante di Vitaly Scherbo, o di Juri Chechi, quelli cioè che avrebbero dominato le scene della ginnastica artistica negli anni a venire) lui la sua sobrietà, che definirei essenziale, la divide in modo equanime per tutte le specialità. Sembra quasi non voler manifestare la sua muscolatura che invece è impressionante, tenuta sciolta e quasi invisibile fuori dal campo di gara.
Al suolo, detto anche corpo libero, il ‘Principe’ coniuga il volo in mille altre sfaccettature.
Il corpo libero è per natura la prima delle sei discipline della ginnastica artistica maschile. Corpo. Libero. Il massimo. Un minuto d’esercizio in gara per anni d’allenamento. Li Ning si gioca tutta la fatica di una vita passata in palestra in sessanta secondi, come tutti. La differenza è che lui è un campione. Va in apnea. Poi respira. Apnea. Coreografia. Forza. Acrobazia iniziale, nel mezzo, alla fine. Respiro. Un gruppo di estranei lo giudica. Fine. Il Principe cinese può finalmente liberarsi di tutta la tensione. La ginnastica è in effetti anche l’arte della fatica e della resistenza alla tensione. Dispieghi fatica e concentrazione per creare qualcosa che possa restare nella mente e nel cuore di tutti. E’ artistica in tutto e per tutto, e Li Ning, in quegli anni ruggenti diventa il ‘mio artista’.
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Dov’era Li Ning prima del 1984? Come si impara a volare? Cosa avviene nella mente di un ragazzo che ha bisogno di sognare? Credo che nella maggior parte dei casi avvenga un processo di immedesimazione in qualcosa o qualcuno che sostituisca il limite. Che questo limite sia imposto o connaturato non importa. A volte è il caso a determinare un percorso di vita. La frequentazione di un sano ambiente sportivo può essere uno di questi casi, ma nel caso specifico è una sorta di trampolino di lancio. Davanti a noi si possono constatare, e anche immaginare, un’immensità di percorsi, la possibilità di qualcosa di grande. Il sogno di partecipare ai Giochi Olimpici è una di queste. Per me lo è stata, vissuta intensamente, e mi ha aiutato ad andare avanti in una disciplina molto faticosa. Mi ha permesso di viverla al punto di sentirla ancora dentro, sulla pelle, nelle cose che vedo ancora oggi. La ginnastica artistica è stata una via di fuga preziosa, anche per il solo fatto di avermi permesso di costruirmi un mondo capace di racchiudere allo stesso tempo bellezza e agonismo, forza e competizione, lealtà e rispetto.

Nel 1984 l’incontro con questo ragazzo quasi coetaneo, quasi collega, mi rimise un po’ in pace dinanzi a tutto quello che stava avvenendo nello Sport. Lo scelsi come riferimento. Cercai di carpirne i segreti. Cercai di capire come si potesse fare, quasi alla fine della mia carriera di ginnasta medio, a sfidare gli anelli, a volare autenticamente con essi, o su una pedana. Per Li Ning il mondo era quello, e in qualche modo diventò anche il mio. Oggi è un ricordo entusiasmante. E’ nostalgia e commozione. Malinconia? Forse.
"Ripensai per molti giorni a quel Volo. Mi parve, per un attimo, di sentire l’odore del magnesio sulle mani, il cigolio dell’attrezzo, il silenzio del pubblico."
Molti anni dopo, alle Olimpiadi di Pechino del 2008, mi trovo di fronte a un’immagine che
diventerà indelebile: un uomo sui quarantacinque anni si libra nel cielo del Bird’s Nest, lo stadio della Capitale che insieme al resto del mondo sta aspettando, in un’atmosfera elettrizzante, la cerimonia d’apertura della prima olimpiade cinese della storia. Guidato dai fili invisibili della perfetta macchina organizzativa, l’uomo sembra poggiare sull’entusiasmo di una nazione intera. E’ l’ultimo tedoforo. Si chiama Li Ning. Ripensai per molti giorni a quel Volo. Mi parve, per un attimo, di sentire l’odore del magnesio sulle mani, il cigolio dell’attrezzo, il silenzio del pubblico.
I Giochi Olimpici di Pechino ora possono finalmente iniziare.
Per vedere Li Ning in azione:
- Link alla prova di Li Ning alle Olimpiadi di Los Angeles del 1984
- Qui Li Ning ultimo tedoforo alle Olimpiadi di Pechino del 2008