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Il circolo letterario di Picun


Un viaggio alla scoperta della storia e della produzione artistica dei lavoratori migranti del "villaggio urbano" di Picun, periferia di Pechino

di Federico Picerni


Da Zhongguancun, a ridosso dell’estremità ovest di Pechino, è l’avanzatissimo e sfavillante distretto tecnologico della capitale cinese. Da lì occorre almeno un’ora e mezza di viaggio, se non due, per raggiungere Picun con i mezzi pubblici. La metropolitana sfreccia verso est attraverso le sterminate arterie della città sino a Caofang, dove chi è intenzionato a raggiungere Picun (皮村, pícūn) deve scendere e proseguire in autobus, per un’altra buona mezz’ora, ma confesso che molte volte, già piuttosto stremato dal viaggio in metro, fatto perlopiù in piedi, ho optato per prendere un Didi (滴滴, Dīdī), l’Uber cinese, che ha praticamente sostituito i taxi convenzionali. L’esperienza in bus però è interessante, perché da quelle parti non passano molti stranieri, ed è quindi normale ritrovarsi addosso una miriade di occhi curiosi sul motivo per cui un laowai debba passare da quelle parti. Già questo elemento, però, suggerisce che, pur trovandosi ancora a Pechino, è un luogo ben distante dalle luci fiammanti della wangcheng, la città imperiale.

Picun è quello che i sociologi chiamano “villaggio urbano” (城中村, chéngzhōngcūn), ossia un ex insediamento rurale via via inglobato dalla metropoli in espansione. Si trova ben oltre il quinto anello, come vengono chiamate le enormi circonvallazioni che racchiudono Pechino e ne delimitano informalmente le varie zone. Il suffisso “cun” significa propriamente “villaggio” in cinese, e infatti il tragitto, una volta scesi dalla metropolitana, è disseminato da altri nomi molto simili: Dongbacun, Louzizhuangcun… Significa “villaggio” anche il “cun” in Zhongguancun, la “Silicon Valley” cinese cui si accennava sopra, solo che in quel caso il governo ha scommesso e investito molto, sfruttando sapientemente la sua vicinanza al polo universitario. Agglomerati come Picun costituiscono invece la periferia vera e propria, anche con un certo impatto visivo, in quanto non c’è traccia dei tipici grattacieli del centro. Le strade e le facciate del villaggio hanno visto una massiccia ristrutturazione a partire dall’inverno del 2017/2018, quando Pechino, a seguito di un incendio scoppiato in un dormitorio-catapecchia nel distretto di Daxing, ha annunciato una stretta sul “decoro” urbano. Tuttavia, ristoranti, negozi e, soprattutto, affitti continuano a restare più economici. È questo il motivo per cui i mingong (民工, míngōng), i lavoratori migranti dalle campagne alle città, tendono a concentrarsi nei villaggi urbani.

“La mia vita è un libro troppo duro da leggere, rilegato alla bell’e meglio dal fato”

A rendere famoso Picun è stato, nell’aprile del 2017, un memoir diventato virale nel giro di pochissime ore, dal titolo Wǒ shì Fàn Yùsù (我是范雨素, Io sono Fan Yusu). L’autrice, Fan Yusu appunto, è una migrante originaria dello Hubei e lavora attualmente come domestica a Pechino. In questo senso è uno dei simboli delle nuove contraddizioni sociali nelle città di primo livello in Cina: il lavoro di cura si è infatti diffuso in maniera esponenziale con l’emergere della nuova alta e media borghesia urbana ed è svolto in prevalenza da donne migranti, che spesso passano le intere giornate a casa dei datori di lavoro con appena un giorno libero a settimana.

Il memoir di Fan Yusu (al centro nella foto), scritto con una maestria letteraria del tutto particolare, che ne fa qualcosa più di un reportage, è una straordinaria rappresentazione della vita di una lavoratrice migrante, del suo impatto con la città e con la discriminazione in quanto “campagnola” migrante, e soprattutto del dramma dei bambini lasciati dai genitori in campagna (i cosiddetti left-behind children, o liúshǒu'értóng, 留守儿童) o portati con sé in città (floating children, liúdòng'értóng, 流动儿童), dove però non possono spesso accedere alle scuole ufficiali in quanto non hanno la residenza urbana, o perché troppo costose, il che ne mette a repentaglio la scolarizzazione e il futuro. “La mia vita è un libro troppo duro da leggere, rilegato alla bell’e meglio dal fato”: così si apre.


Ma Fan Yusu non è uscita dal nulla: nel momento in cui la sua popolarità è esplosa, faceva parte da diversi anni di un gruppo di letteratura e scrittura (文学小组, wénxué xiǎozǔ) basato proprio a Picun, aperto e autogestito da lavoratori migranti. Attualmente conta una quindicina di membri regolari, che aumentano anche notevolmente se si contano i partecipanti occasionali; si incontrano una volta a settimana per parlare di letteratura e diffondono i propri elaborati su pubblicazioni autogestite, anche se ultimamente hanno trovato posto anche in prestigiose riviste letterarie. Sono loro che costituiscono la manodopera a basso costo che ha reso possibile il “miracolo economico” del Paese, che lavorano alle catene di montaggio dove si producono i nostri cellulari, costruiscono i palazzoni simbolo della modernità (non solo) cinese e rischiano la vita su motorini o furgoncini a tre ruote (i sānlúnchē, 三轮车) per consegnare gli ordini online e il cibo da asporto. “Le Fan Yusu” e “I Fan Yusu” di Picun, come sono stati chiamati online in Cina, hanno scelto di usare la letteratura, la poesia e il reportage per raccontare e raccontarsi, senza lasciare ad altri il compito di farlo al posto loro. E ognuna/o di loro è effettivamente un nido di storie, specchio delle trasformazioni sociali avvenute in Cina negli ultimi quarant’anni.

Un'illustrazione che ritrae i poeti di Picun

Il primo incontro

La prima volta che ho visitato Picun è stato il 1° settembre 2019, in occasione di un evento/spettacolo dal titolo “Poesie e canti dei lavoratori” (劳动者的诗与歌láodòngzhě de shī yú gē). È un evento annuale, che vede esibirsi, oltre ai poeti del suddetto gruppo di scrittura, anche un gruppo musicale: la “Band dei nuovi operai” (新工人艺术团, xīn gōngrén yuètuán). Benché il nome non sia particolarmente fantasioso, esso dà l’idea della “missione” che il gruppo si è prefissa, cioè creare un’arte – musicale, in questo caso – che sia espressione diretta delle soggettività operaie. Lo spettacolo si svolge in un teatro adiacente al “Museo di cultura e arte operaia”, un’altra struttura, a sua volta autogestita, aperta da lavoratori migranti che risiedono a Picun a ricordo della propria storia collettiva. All’interno si trovano testimonianze, fotografie e riflessioni su eventi storici che hanno a che fare con lo sviluppo di questa nuova classe operaia mobile.

Xiao Hai

È qui che conosco Xiao Hai (小海, xiǎo Hǎi). Classe 1987, è uno dei più prolifici e talentuosi poeti del gruppo. Per lui, come per molti altri, Pechino è solo l’ultima tappa (ultima per ora) di una lunga serie di peregrinazioni in giro per la Cina: nella fattispecie, Xiao Hai ha lasciato la nativa provincia dello Henan quando non aveva ancora compiuto 18 anni e ha trascorso la successiva decade di fabbrica in fabbrica, di lavoro in lavoro, dal Guangdong a Shanghai, da Zhengzhou a Pechino. Nelle pause dai ritmi usuranti della catena di montaggio viene folgorato dalla musica di Bob Dylan e dalla poesia di Hai Zi (海子, Hǎi Zi), eccezionale poeta degli anni '80 (recentemente ripubblicato anche in Italia per Del Vecchio, nella traduzione di Francesco De Luca). Lo stesso pseudonimo “Xiao Hai”, piccolo Hai, è un omaggio a quest’ultimo. E così, Xiao Hai (qui il suo profilo Weibo) comincia a scrivere poesie, a volte l’ispirazione lo coglie anche mentre lavora e, quando viene sorpreso, si becca pure una multa per “sabotaggio della produzione”.

Xiao Hai e Federico Picerni

Nei suoi versi si ritrova una straordinaria ricchezza di temi ed emozioni, fra tutti quello della gioventù ridotta a mera forza-lavoro e sacrificata sull’altare del profitto:


流水线上的青春 (liúshuǐxiàn shàng de qīngchūn)

Giovinezza alla catena di montaggio


无尘衣 无尘帽 无尘靴子 (wúchén yī, wúchén mào, wúchén xuēzi)

Divisa elettrostatica berretto elettrostatico stivali elettrostatici

车间流水线上下 (chējiān liúshuǐxiàn shàngxià)

L’officina sopra e sotto la catena di montaggio

已是显得干净无比 (yǐshì xiǎn de gānjìng wúbǐ)

Non potrebbe essere più pulita

可我们的表情还是无法舒展 (kě wǒmen de biǎoqíng háishi wúfǎ shūzhǎn)

Ma i nostri volti restano contriti

一年比一年飘荡的厉害 (yīnián bǐ yīnián piāodàng de lìhai)

Di anno in anno, sempre più alla deriva

双手越来越跟不上机台的节奏 (shuāngshǒu yuèláiyuè gēnbushàng jītái de jiézòu)

Le mani perdono via via il ritmo della macchina

重复 重复 来回重复 (chóngfù chóngfù láihuí chóngfù)

Ripetere ripetere ancora ripetere

我们的青春 (wǒmen de qīngchūn)

La nostra giovinezza

在螺丝 红色电源线 (zài luósī hóngsè diànyuánxiàn)

Si consuma fra bulloni

和微型电阻里消耗着 (hé wēixíng diànzǔ lǐ xiāohào zhe)

Rossi cavi di alimentazione e mini resistori

一年比一年沉默的厉害 (yīnián bǐ yīnián chénmò de lìhai)

Di anno in anno, sempre più taciturna

从深圳到苏州 (cóng Shēnzhèn dào Sūzhōu)

Da Shenzhen a Suzhou

从嘉兴再到北京 (cóng Jiāxīng zài dào Běijīng)

Da Jiaxing sino a Pechino

十多年青春 (shí duōnián qīngchūn)

Oltre dieci anni di giovinezza

就这样静悄悄地流走了 (jiù zhèyàng jìngqiāoqiāo de liúzǒule)

Scivolati via così, nel silenzio


每一座车间的水泥地都很厚很厚 (měi yī zuò chējiān de shuǐní de dōu hěn hòu hěn hòu)

In ogni officina così spesso è il cemento

每一片月色下都有烟火 (měi yī piān yuèsè xià dōu yǒu yānhuǒ)

Sotto ogni chiaro di luna, fuochi d’artificio

每一截桃枝里都有春天 (měi yī jié táo zhī lǐdōu yǒu chūntiān)

In ogni ramo di pesco si trova la primavera

我们的心也随着 (wǒmen de xīn yě suízhe)

E anche il nostro cuore seguendo

城市 工厂 车间 (chéngshì gōngchǎng chējiān)

Città fabbriche officine

来回辗转 (láihuí zhǎnzhuǎn)

Vaga irrequieto avanti e indietro

在繁茂里枯萎 (zàifánmàolǐkūwěi)

Appassisce nella rigogliosità

在凋零中生发 (zàidiāolíngzhōngshēngfā)

Fiorisce nell’avvizzimento

瞧 瞧啊 (qiáo qiáoā)

Guarda, guarda!

多么像这一场场 (duōme xiàng zhè yī chángcháng)

Come sembra questa

来路不明的雾霾 (láilùbùmíng de wùmái)

Nebbia di misteriosa provenienza


(Traduzione di Federico Picerni)


Xiao Hai vive nel retro del negozio “solidale” di merci a basso prezzo dove lavora come commesso. La sua abitazione è composta da due stanze, una occupata interamente da un tavolo e da una libreria, regolarmente frequentata anche da amici e vicini. Non c’è riscaldamento e il bagno è all’esterno. Una sera, dopo l’incontro settimanale del gruppo di scrittura, ci attardiamo per uno spuntino e Xiao Hai mi offre di passare la notte da lui. Nel gelo del dicembre pechinese, dormire in una casa senza riscaldamento né bagno è a dir poco impegnativo, ma è comunque un’esperienza utile a provare sulla propria pelle una realtà concreta vissuta quotidianamente nella periferia di una delle città smart per eccellenza.


Meng Yu

Per fortuna c’è il baijiu, il famoso e micidiale distillato di sorgo, per riscaldarsi e lo sa bene Meng Yu (梦雨, mèngyǔ) , un’altra poetessa e scrittrice che fa parte del gruppo. Come Fan Yusu, fa la domestica in città, ed è impegnata in una miriade di attività artistiche gestite da altre domestiche come lei, utili a forgiare rapporti sociali e uscire dalla solitudine. Meng Yu è a Pechino da sola: anche suo marito e i suoi due figli sono lavoratori migranti, ma altrove, e si incontrano solo per le feste comandate. Quando ci incontriamo a cena, Meng Yu non nasconde il proprio piacere nel bere e racconta con fierezza che, quando torna a casa, nelle campagne del Gansu, gareggia in bevute con gli uomini del villaggio e li batte regolarmente. Il suo non è semplice vanto fine a sé stesso: in Cina non è così comune che le donne bevano e ne facciano sfoggio. Ma per Meng Yu trasferirsi in città ha comportato anche indipendenza economica e affrancamento personale. È orgogliosa e decisa, e ciò traspare dalle sue poesie, scritte di getto e cariche di irruenza, ma anche dalla sua prosa. Un esempio è la sua recentissima lettera scritta dalla quarantena rurale alle “sorelle lavoratrici domestiche di Wuhan”.

Per queste autrici e questi autori, la letteratura non è solo il mezzo per raccontare le proprie storie, ma ha anche un potere salvifico.

Il trovarsi sospesi fra la città e la campagna è una condizione comune a queste lavoratrici e lavoratori migranti. Massima interprete di questa impasse, all’interno del gruppo, è Li Ruo.

Li Ruo

A differenza della maggior parte delle altre donne del gruppo, che fanno le domestiche, Li Ruo (李若, Lǐruò) è un’operaia. La sua scrittura è semplice ma densa: il suo fiore all’occhiello è il reportage, dove descrive con fredda consapevolezza le vicende di una campagna sempre più spopolata e inaridita, dedicando particolare attenzione agli ultimi, coloro di cui spesso ci si dimentica: i bambini, gli anziani, le donne, i malati di mente. Ma dove brilla davvero, almeno a parere di chi scrive, è la poesia: i suoi componimenti sono perlopiù disadorni ma costruiscono immagini potentissime, a metà fra la nostalgia di casa e l’esperienza urbana. È stato davvero un peccato non aver potuto conoscere Li Ruo di persona: qualche anno fa ha lasciato Pechino ed è tornata a casa, nello Henan, e purtroppo la sua produzione si è drasticamente ridotta.


Qui una sua poesia:


脱光了,睡你 (tuōguāng le, shuì nǐ)

Svestita, a letto con te


床,你幸苦了 (chuáng, nǐxìngkǔle)

Letto, hai lavorato duro

今天休息 (jīntiān xiūxi)

Oggi ero di riposo

赖了你一天 (lài le nǐyī tiān)

Mi sono impigrita su di te tutto il giorno

一直睡到头昏脑胀 (yīzhí shuì dào tóuhūnnǎozhàng)

Ho dormito fino a intorpidire i sensi

四肢无力 (sìzhī wúlì)

E a sfiancare gli arti


床,谢谢你 (chuáng, xièxie nǐ)

Letto, grazie

不管我得意失意 (bùguǎnwǒdéyìshīyì)

Che io sia soddisfatta o abbattuta

你总是 (nǐzǒngshì)

Tu mai

毫无怨言的 (háowú yuànyán de)

Proferisci una lamentela

在背后默默地支持我 (zài bèihòu mòmò de zhīchí wǒ)

Alle mie spalle in silenzio mi sostieni

从不冷眼 (cóngbù lěngyǎn)

Mai indifferente

从不势利 (cóngbù shìlì)

Mai altezzoso

不管我是胖是瘦 (bùguǎn wǒ shì pàng shì shòu)

Che io sia grassa o magra

从不嫌弃 (cóngbù xiánqì)

Non mi hai mai rifiutata


床,你是我的自知己 (chuáng, nǐshì wǒde zì zhījǐ)

Letto, sei il mio più intimo amico

你懂我无助的叹息 (nǐdǒng wǒwúzhù de tànxī)

Tu capisci i miei lamenti disperati

你抚慰我暗夜的哭泣 (nǐfǔwèi wǒ ànyè de kūqì)

Tu consoli le mie lacrime notturne


床,不知道你爱不爱我 (chuáng, bù zhīdào nǐ ài bù ài wǒ)

Letto, non so se mi ami

我一如既往的爱着你 (wǒyīrújìwǎng de àizhe nǐ)

Ma io ti amo come prima

不管愿不愿意 (bù guǎn yuàn bù yuànyì)

Che tu lo voglia o meno

今夜 (jīnyè)

Stanotte

我要脱光了 (wǒyāo tuōguāng le)

Mi svestirò

睡你 (shuì nǐ)

E verrò a letto con te


(Traduzione di Federico Picerni)


Scorcio di Picun

Per queste autrici e questi autori, la letteratura non è solo il mezzo per raccontare le proprie storie, ma ha anche un potere salvifico. Attraverso la letteratura è possibile sfuggire all’abbruttimento, dedicarsi a un’opera nobile e creativa e, al tempo stesso, elaborare una narrazione culturale “propria” con la quale poter decifrare la società e il proprio posto all’interno di essa.

 

Federico Picerni (federico.picerni@unive.it) è dottorando presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia in consorzio con l’Università di Heidelberg. Si interessa prevalentemente di letteratura cinese contemporanea, in particolare della sua capacità di riflettere le grandi trasformazioni storiche, di rappresentare e farsi influenzare dalle pratiche sociali, e di offrire molteplici letture, anche critiche, del presente. Su questa falsariga, il suo progetto di ricerca guarda alla narrativa prodotta dai lavoratori migranti cinesi dalla campagna alla città. Si occupa altresì di traduzione letteraria dal cinese.


Da parte della Redazione Buyiding un sentito ringraziamento a Federico per il suo magnifico contributo. 多谢!




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